Avvocato in diritto delle successioni, eredità e testamento a Palermo

Lo Studio Legale Petrolà tratta ogni tipologia di questione inerente alle successioni e all’eredità quali a mero titolo esemplificativo:

  • Redazione di testamenti;
  • Aspetti fiscali;
  • Consulenza e tutela giudiziale in materia successoria;
  • Dichiarazioni di successione;
  • Divisioni ereditarie e mediazione obbligatoria;
  • Rinunce e petizione di eredità;
  • Legati;
  • Lesioni di legittima;
  • Accettazioni, accettazioni col beneficio d’inventario, trascrizioni, contenzioso sulla validità dei testamenti e dei legati.

L’avvocato esperto in diritto delle successioni, eredità e testamento risponde

L’avvocato specializzato in questioni ereditarie e successioni è l’avvocato/a civilista che ha conseguito una particolare preparazione nella tematica del diritto delle successioni, occupandosi di testamenti, divisione dei beni, lesione di legittima ed eventuali controversie tra eredi.

Per la successione ereditaria, rivolgiti a un avvocato che conosca il diritto successorio per gli aspetti legali (testamento, divisione dei beni, tasse, contenzioso) o a un notaio per la redazione della dichiarazione di successione, che ufficializza il passaggio dei beni agli eredi al fine del pagamento delle imposte.

Per questioni legate all’eredità, è opportuno rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto successorio o ereditario, che ti assisterà in questioni come la validità del testamento, la divisione dei beni, le tasse e le dispute tra eredi.

L’avvocato che si occupa di successioni è l’avvocato specializzato in diritto successorio o ereditario. Si tratta di un professionista esperto delle leggi che regolano il passaggio del patrimonio dopo la morte e può assistere gli eredi nella gestione di tutti gli aspetti legali, come la validità dei testamenti, la ripartizione dei beni, e l’eventuale contenzioso tra eredi.

Dopo l’apertura di un testamento, l’avvocato assiste gli eredi nella gestione di tutti gli aspetti legali della successione. Verifica la validità formale del testamento, interpreta le disposizioni del defunto e guida gli eredi nella ripartizione dei beni secondo le quote indicate. L’avvocato può anche occuparsi degli adempimenti fiscali e assiste gli eredi in caso di contestazioni o contenzioso.

Il diritto ereditario o successorio è la branca del diritto civile che regola la trasmissione del patrimonio di una persona a causa della sua morte . Comprende le norme sulla successione legittima (senza testamento) e testamentaria (con testamento) i diritti degli eredi, la divisione dei beni, le imposte e la gestione delle controversie.

La legge italiana disciplina l’eredità attraverso le norme del Codice Civile sulla successione a causa di morte. In assenza di testamento, si applica la successione legittima, che ripartisce i beni tra gli eredi secondo un ordine prestabilito. In presenza di testamento, si applica la successione testamentaria, rispettando le disposizioni del defunto. La legge tutela i diritti degli eredi legittimari (coniuge, figli, ascendenti), che hanno diritto a una quota minima dell’eredità e regola gli adempimenti fiscali, come la dichiarazione di successione e le imposte.

Si parla di accettazione con beneficio di inventario quando l’erede impedisce la confusione tra il suo patrimonio e quello del de cuius e quindi non è tenuto al pagamento dei debiti ereditari oltre il valore dei beni a lui pervenuti.

Essa ha carattere personale ed è libera, ma v’è obbligo di accettazione con beneficio d’inventario per i soggetti incapaci (minori e interdetti) e per le persone giuridiche (escluse le società). Ciò per tutelarli dalla responsabilità verso i debitori del defunto.

L’accettazione con beneficio di inventario può essere solo espressa, perché va fatta con una dichiarazione davanti ad un notaio o davanti al cancelliere del tribunale del luogo in cui s’è aperta la successione.

Nelle successioni testamentarie è possibile che il testatore prevenga l’applicazione della rappresentazione, con l’indicazione nel testamento di una o più persone (dette sostituiti) destinate a succedere nell’ipotesi che l’erede non possa o non voglia accettare (art. 688 c.c.); in questo caso si parla di sostituzione ordinaria e in essa l’istituzione di erede è sottoposta alla condizione che il primo istituito non possa o non voglia accettare.

Si parla di accrescimento nel caso di chiamata testamentaria congiuntiva (cioè quando sono chiamate a succedere più persone dello stesso grado per es. più figli o più fratelli) e non è stata prevista alcuna sostituzione dal defunto né ricorrono le condizioni per dar luogo alla rappresentazione. Allora, in questi casi la quota dell’erede che non può o non vuole accettare si devolve a favore degli altri beneficiari, la cui quota si accresce quindi, senza bisogno che questi accettino, salvo che ciò non sia stato escluso dal testatore.

L’ indegnità è una causa di esclusione dalla successione (non è quindi una forma di incapacità) che produce i suoi effetti solo se pronunciata dal giudice nei casi elencati all’art 463 c.c.

Si tratta di una sanzione civile fondata sulla considerazione di non poter consentire che chi abbia gravemente offeso il de cuius, abbia ad es. attentato alla sua integrità fisica o morale o abbia attentato alla sua libertà testamentaria ( ad es. abbia falsificato il testamento) possa poi trarre profitto dalla sua eredità.

Non si trasmette al figlio dell’indegno. Si vuole cioè evitare che questo paghi le colpe del padre. Tuttavia, per evitare che l’indegno possa trarre un vantaggio indiretto dalla successione a suo figlio, gli è vietato il potere di amministrare i beni pervenuti al figlio.

L’unico modo per eliminare l’indegnità è la riabilitazione.

Infine, l’indegnità non va confusa con la diseredazione con cui il testatore esclude espressamente dalla successione un soggetto che avrebbe diritto a parteciparvi.

La successione legittima è la modalità di trasmissione dell’eredità che si applica in assenza di un testamento valido. In questo caso, la legge stabilisce l’ordine e le quote di ripartizione dei beni tra gli eredi, secondo criteri predeterminati. L’ordine degli eredi legittimi è: coniuge, figli (e loro discendenti), ascendenti (genitori, nonni), collaterali (fratelli, sorelle, zii). Le quote variano in base alla presenza e al grado di parentela degli eredi.

L’apertura della successione è la fase iniziale del procedimento successorio. Essa coincide con il giorno della morte del soggetto in questione detto de cuius (termine latino che significa “soggetto della cui eredità si parla”) e secondo l’art. 456 c.c. si apre nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto. Il giorno della morte viene accertato dal certificato di morte, ma essa indica solo che il patrimonio del soggetto ha perso il suo titolare, non ci dice ancora chi sarà il suo successore o i suoi successori.

La delazione dell’eredità è la fase nella quale si deve vedere a chi spetta il patrimonio ed in quale misura. Essa consiste nella attribuzione dell’offerta in favore del chiamato del diritto a succedere fondata sulla vocazione e rappresenta l’aspetto dinamico della vocazione. La delazione riguarda l’aspetto oggettivo di essa, cioè la sua offerta concreta. Normalmente vocazione e delazione coincidono, ma vi sono casi in cui la delazione è rinviata ad un secondo momento. Si pensi al caso di un soggetto che istituisce erede qualcun altro a condizione che si laurei o che debba ancora nascere: in entrambi i casi la delazione è subordinata nel I caso alla laurea nel II caso alla nascita.

Ai sensi dell’art 459 c.c. l’eredità si acquista con l’accettazione, che spiega i suoi effetti retroagendo al momento dell’apertura della successione – ciò al fine di impedire che il patrimonio del defunto rimanga privo di titolare.  È la terza fase della successione e si verifica quando il chiamato a succedere dichiari di voler accettare il lascito a lui destinato.

Il chiamato all’eredità ha un termine di dieci anni dall’apertura della successione per accettare (art. 480 c.c.) che può essere abbreviato da chi vi abbia interesse facendo richiesta all’autorità giudiziaria di fissare un termine entro il quale il chiamato dichiari se accettare o rinunziare. Trascorso detto termine senza che abbia fatto la dichiarazione il chiamato perde il diritto di accettare.

L’accettazione può essere pura e semplice, qui l’effetto principale è quello della confusione tra patrimoni (quello del defunto e quello dell’erede) che diventano uno solo con la conseguenza che l’erede subentra sia nell’attivo che nel passivo ed è tenuto a pagare, se sussistono, tutti i debiti del defunto.

L’accettazione pura e semplice può a sua volta essere espressa: quando è fatta con atto pubblico o scrittura privata che indichino la volontà di acquistare l’eredità; tacita quando il chiamato all’eredità compie un atto che presuppone necessariamente la volontà di accettare. Il caso classico è quello del chiamato che dona o vende un immobile o un mobile compreso nel patrimonio ereditario: compiendo tale atto egli acquista automaticamente la qualifica di erede in quando compie un’attività che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non potrebbe compiere se non fosse erede del de cuius.

Si può succedere al defunto in qualità di erede o in qualità di legatario/a.

L’erede è chi subentra nell’intero patrimonio del de cuius o in una quota di esso; il legatario è colui che consegue singoli beni (ad esempio: una casa).

La differenza è notevole sotto diversi aspetti: il più importante è senz’altro quello per cui l’erede risponde anche dei debiti del defunto. Il legatario invece non risponde, di regola, dei debiti ereditari e comunque la sua responsabilità è limitata al valore dei beni che gli sono stati attribuiti. Inoltre, mentre il legatario può riscattare il legato automaticamente, e cioè per il solo fatto dell’apertura della successione (che avviene in coincidenza con la morte del de cuius), l’erede diviene tale solo per effetto di una sua accettazione (esplicita o tacita) dell’eredità.

La vocazione è una fase del fenomeno successorio più esattamente essa è la chiamata all’eredità, cioè il titolo sulla base del quale si è chiamati a succedere. Essa può avvenire per: 1) testamento, ossia per atto di volontà del de cuius che dispone delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere o 2) per legge quando, mancando il testamento, l’eredità si devolve ai soggetti indicati dalla legge, ossia il coniuge e i parenti entro il sesto grado (successione legittima o ab intestato).

La successione si definisce legittima, se la regola la legge, oppure testamentaria, se la regola un testamento. Il legato può essere acquistato solo per testamento.

Delle eredità si occupano principalmente avvocati specializzati in diritto successorio e i notai. Gli avvocati detti familiaristi assistono gli eredi nella gestione di tutti gli aspetti legali, come l’interpretazione del testamento, la ripartizione dei beni, la tassazione e l’eventuale contenzioso. I notai, invece, sono i professionisti incaricati di redigere la dichiarazione di successione, un documento che formalizza il trasferimento dei beni del defunto agli eredi. Per aspetti specifici della successione possono essere coinvolti anche commercialisti, consulenti fiscali e banche, se il de cuius ha lasciato conti correnti.

Gli eredi legittimari nella successione testamentaria sono il coniuge, i figli (e loro discendenti) e, in alcuni casi, gli ascendenti (genitori) del defunto. Questi soggetti hanno diritto a una quota minima dell’eredità, chiamata “legittima”, indipendentemente dalle disposizioni del testamento. La legge tutela i loro diritti per garantire un sostegno economico e una distribuzione equa del patrimonio. Il testatore non può privare completamente gli eredi legittimari della loro quota, ma può disporre liberamente della parte restante dell’eredità (quota disponibile).

La successione ereditaria può essere curata dagli eredi del defunto, cioè le persone che hanno diritto a ereditare secondo la legge o le disposizioni del testamento. Per dare luogo alla successione, la legge richiede che gli eredi legittimi: il coniuge, i figli (e loro discendenti), gli ascendenti (genitori, nonni), i collaterali (fratelli, sorelle, zii) in assenza di testamento, o i soggetti indicati nel testamento che accettino l’eredità.

Le successioni ereditarie possono essere gestite dagli eredi stessi, con l’assistenza di avvocati che si occupino di diritto successorio e notai. Gli eredi hanno il diritto e il dovere di procedere con la successione, accettando l’eredità e adempiendo agli obblighi legali e fiscali. Per la redazione della dichiarazione di successione è necessario l’intervento di un notaio o di un avvocato esperto a seconda del patrimonio stimato caduto in successione, per formalizzare il trasferimento dei beni del defunto agli eredi. In casi particolari, anche l’autorità giudiziaria può essere coinvolta, ad esempio per dirimere controversie tra eredi o per i casi di impugnazione del testamento.

La dichiarazione di successione può essere redatta da un notaio, che è il professionista più indicato a formalizzare il trasferimento dei beni del defunto agli eredi. Il notaio, sulla base delle informazioni fornite dagli eredi e dei documenti necessari (certificato di morte, testamento, elenco dei beni, quote di divisione), predispone la dichiarazione di successione, che viene poi firmato dagli eredi alla presenza del notaio che successivamente provvede alla registrazione presso l’Agenzia delle Entrate.

Per completare la dichiarazione di successione basta anche un solo erede dichiarante e procedere con la ripartizione dei beni. Se c’è un erede dissenziente e ha motivi validi (ad esempio, contesta la validità del testamento o la sua quota), può avviare un’azione legale per far valere i suoi diritti (lesione di legittima).

Soccorre in questi casi la rappresentazione. L’istituto opera solamente nel caso in cui sussista una parentela stretta (figli o fratelli) ed è regolamentata dall’art 467 c.c. nei casi in cui il chiamato all’eredità non possa accettare (perché ad es. premorto o indegno) o non voglia (perché ha rinunciato).

Nel medesimo termine di 10 anni il chiamato può rinunziare all’eredità. Chi rinunzia è considerato come se non fosse mai stato chiamato, ma può trattenere la donazione ricevuta o domandare il legato fino alla concorrenza della porzione disponibile. D’altra parte la rinunzia è revocabile dagli stessi chiamati se l’eredità non è già stata acquistata da altri.

Rinunciare all’eredità significa rifiutare di accettare i beni e i debiti del defunto. Ai sensi dell’art. 521 c.c. l’erede che rinuncia perde ogni diritto sull’eredità e viene considerato come se non avesse mai ereditato. La rinuncia deve essere espressa e formale, tramite una dichiarazione resa davanti a un notaio o presso la cancelleria del tribunale competente, ma può anche essere tacita. L’erede può rinunciare per diverse ragioni, ad esempio se l’eredità è gravata da debiti superiori ai beni o se non vuole assumere le responsabilità connesse. La rinuncia è revocabile ai sensi dell’art 526 c.c. e se il diritto di accettare l’eredità non si sia frattanto prescritto.

Le quote ereditarie sono le porzioni del patrimonio del defunto spettanti a ciascun erede. Nella successione legittima, le quote sono stabilite dalla legge in base all’ordine degli eredi e al loro grado di parentela. Nella successione testamentaria, le quote possono essere stabilite dal testatore, ma devono rispettare i diritti degli eredi legittimari (coniuge, figli, ascendenti), che hanno diritto a una quota minima (legittima).

Con il termine successione il codice civile indica, in generale, il fenomeno per cui un soggetto subentra ad un altro nella titolarità di uno o più diritti. La successione per causa di morte è una peculiare forma trasmissione dei diritti e delle obbligazioni dovute appunto alla morte del soggetto a cui essi appartenevano.

L’ordinamento si preoccupa in genere di tutelare il patrimonio in modo che esso non resti privo di titolare.

Con il termine eredità (o successione a titolo universale) si indica proprio il complesso dei rapporti patrimoniali trasmissibili, sia attivi che passivi. Da essa si distingue la successione a titolo particolare che si ha invece in caso di legato. L’erede succede nella totalità dei rapporti, il legatario solo ed esclusivamente in quel singolo determinato rapporto indicato dal testatore e non è tenuto a far fronte ai debiti ereditari, mentre l’erede è obbligato a pagarli.

Le fasi della successione sono:

  • Apertura della successione.
  • Vocazione.
  • Delazione.
  • Accettazione dell’eredità
  • Rinuncia all’eredità

I tempi per una procedura di successione dipendono da diversi fattori, come la complessità del patrimonio, la presenza di un testamento, il numero di eredi e l’eventuale insorgenza di controversie. In generale, gli eredi hanno 12 mesi di tempo dalla morte del defunto per presentare la dichiarazione di successione all’Agenzia delle Entrate. La redazione della dichiarazione di successione da parte del notaio richiede solitamente alcune settimane all’esito delle quali la dichiarazione può anche essere integrata. L’intero processo di successione può durare da pochi mesi a oltre un anno, in base alle circostanze specifiche.

Lo strumento cui si fa riferimento è la c.d. “diseredazione istituto sconosciuto al codice civile ma creato dalla dottrina, con il quale il testatore esclude uno o più soggetti dalla successione.

La dottrina tradizionale negava l’utilizzabilità della figura in esame nel nostro ordinamento (art. 587 c.c.) in quanto con il testamento si doveva disporre dei propri beni, ritenendo che per disposizione dei propri beni dovesse necessariamente intendersi un’attribuzione economicamente valutabile e non la mera esclusione di uno o più soggetti dall’asse ereditario.

La prassi notarile ha però ritenuto possibile raggiungere lo scopo desiderato non in via diretta ma in via indiretta, mediante l’attribuzione di tutti i beni ad un soggetto diverso.

In tal modo si è creata la figura giuridica della cd. diseredazione indiretta, consistente nell’attribuzione di tutti i beni a soggetti diversi da quello che si voleva escludere.

Allo stato attuale non si può dare una risposta positiva, ostandovi l’intera legislazione volta alla tutela dei diritti dei legittimari, come l’art. 549 c.c. (che prevede che il divieto per il testatore di imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari) e l’art. 457 c.c. che stabilisce che le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari.

Nell’attesa di modifiche della disciplina vigente o interpretazioni innovative della Corte di Cassazione si deve quindi ritenere inapplicabile la diseredazione ai legittimari per la sola parte di successione necessaria riservata per legge, ferma restando la possibilità di escludere un legittimario dalla propria successione per tutto ciò che eccede la quota di legittima.

Una volta accettata ed acquistata l’eredità, l’erede può promuovere l’azione di petizione ereditaria contro chiunque possieda dei beni ereditari per farseli rilasciare. Se l’azione di petizione ereditaria è accolta il possessore deve restituire le cose. Infine, l’erede può agire anche contro i terzi che abbiano acquistato dal possessore i beni dell’eredità.