Sempre più spesso accade ormai che, depositato il ricorso per separazione, l’udienza di I comparizione che avviene innanzi al Presidente del Tribunale venga fissata a diversi mesi di distanza dalla data del deposito.
A Palermo ad esempio, ad oggi, il tempo occorrente ad un separando per comparire innanzi al Tribunale in caso di separazione giudiziale è di circa 8 mesi.
La lunga distanza intercorrente tra la data di deposito del ricorso e quella della I udienza presidenziale pone non pochi problemi di rilievo, acuiti dalla eventuale presenza di minori.
Si pensi infatti che si parla di coniugi che, se in alcuni casi hanno già provveduto a separarsi stabilendo in luoghi diversi la propria dimora, nella maggior parte dei casi essi continuano ad abitare sotto lo stesso tetto e a litigare alla presenza di minori, con in casi estremi atti di violenza intrafamiliare di cui sono spesso vittima anche i bambini (c.d. violenza assistita).
Quali sono i rimedi in questi casi? Sia dal punto di vista penale che dal punto di vista civilistico? In altre parole: che tutela è offerta al coniuge vittima di violenza che convive con l’autore di violenza? E soprattutto: da quando decorrerà l’assegno di mantenimento a carico del coniuge più abbiente e in favore del coniuge debole?
Ebbene le questioni sono separate e distinte.
Tutela penale e “codice rosso”
Nel primo caso si pongono problematiche di incolumità personale che legittimano l’intervento della forza pubblica e il “codice rosso”, di recente introduzione, garantisce alla vittima la immediata risposta dell’ordinamento giuridico.
In particolare, si fa riferimento all’art. 572 c.p. che punisce i maltrattamenti avvenuti in famiglia ovvero contro la persona convivente o sottoposta all’autorità del soggetto maltrattante ovvero a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia. La persona offesa dal delitto de quo può essere, oltre al coniuge, al compagno, ai figli e agli altri conviventi, qualunque minore purché sottoposto all’autorità o alla custodia dell’agente. In base al tenore letterale della norma.
Il codice civile poi agli art. 342 bis e 342 ter c.c. consente alla parte di chiedere l’allontanamento dalla casa familiare e/o il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati da lei/ lui frequentati.
Da quando decorre il provvedimento presidenziale e cioè l’obbligo in esso contenuto di versare l’assegno di mantenimento in caso di separazione?
La Cassazione ha più volte rimarcato che l’assegno di mantenimento va equiparato agli alimenti – la cui norma di riferimento l’art 445 c.c. fa decorrere la loro corresponsione dalla data della domanda giudiziale – quindi la decorrenza va fatta retroagire dal momento del deposito del ricorso in applicazione del principio secondo cui “un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valere in giudizio”, fermo restando che detto principio non interferisce sulla esigenza che la sua quantificazione vari in funzione della evoluzione intervenuta in corso di causa o delle condizioni economiche dei coniugi, con misure e decorrenze differenziate dalle diverse date in cui i mutamenti si siano verificati.
Modifiche della decorrenza dell’assegno di mantenimento
Che accade quindi se, in corso di causa, il soggetto tenuto al mantenimento peggiora le proprie condizioni economiche o al contrario il soggetto beneficiario dell’assegno ha un reddito maggiore?
La modifica può riguardare soltanto il quantum, non la decorrenza dell’assegno.
Quindi, su richiesta di chi invoca la modifica, ai sensi dell’art 337 ter c.c. il giudice procede ad una valutazione comparativa delle loro condizioni reddituali e se in corso di causa si verificano mutamenti che legittimino la modifica, sarà da quel momento che essa avrà effetto (ex nunc) fatta sempre salva la decorrenza dell’assegno dalla data del deposito del ricorso.
Da quando decorre la revoca dell’assegno di mantenimento
Altri sono i presupposti che stanno alla base della revoca dell’assegno di mantenimento.
Ai sensi dell’art. 156, comma 7, c.c. i provvedimenti economici possono essere modificati al ricorrere di “giustificati motivi sopravvenuti”.
La separazione, infatti, dà luogo ad un giudicato rebus sic stantibus, locuzione che tradotta significa «stando così le cose», cioè in considerazione delle circostanze dedotte in quel momento e che sono suscettibili di modifica unicamente in relazione alla sopravvenienza di fatti nuovi, che abbiano alterato la situazione preesistente, mutando i presupposti in base ai quali quei provvedimenti erano stati stabiliti.
La norma è applicabile analogicamente anche alla separazione consensuale.
In detti casi le parti hanno facoltà di invocare la modifica o nei casi più gravi la revoca dell’assegno di mantenimento.
Tra le circostanze che possono rilevare ai fini della modifica dell’assegno si annoverano le seguenti:
- l’instaurazione di una convivenza more uxorio da parte del coniuge avente diritto qualora escluda o riduca lo stato di bisogno del coniuge separato;
- la perdita o l’acquisto da parte di uno dei coniugi di un cespite o di una attività produttiva di reddito;
- determinate scelte professionali del coniuge obbligato implicanti una diminuzione di reddito;
- significativi incrementi di reddito del coniuge obbligato.
Decorrenza assegno di divorzio
Al contrario l’assegno di divorzio traendo la sua fonte nel nuovo “status” delle parti, cioè la qualifica di coniuge divorziato, ha efficacia costitutiva decorrente dal passaggio in giudicato della statuizione di scioglimento del vincolo coniugale, cioè la sentenza o il decreto di omologa nel caso di divorzio congiunto.
A tale principio ha introdotto un temperamento l’art. 4 della l. n. 898 del 1970, così come sostituito dalla l. n. 74 del 1987, conferendo al giudice il potere di disporre, tenuto conto delle circostanze del caso concreto e fornendo una adeguata motivazione, anche in assenza di una specifica richiesta delle parti, la decorrenza dell’assegno dalla data della domanda di divorzio.
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Le risposte alle domande precedenti non intendono essere esaustive di ogni fattispecie.
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